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Il giornalismo libero e indipendente spaventa chi gestisce il potere. di Enrico Esposito

ROMA :: 09/01/2021 :: I giornalisti scomodi non piacciono. Succede un po’ dovunque nel mondo. Succede sempre più spesso anche da noi, in Calabria. Il potere non ama i giornalisti liberi e indipendenti e ormai non li teme nemmeno più come un tempo. La crisi dell’editoria e il diffondersi indiscriminato dei social media hanno generato danni incalcolabili alla funzione di verità chiamata a svolgere la stampa. Oggi non fa notizia il fatto in sé, ma il giornale stesso è la notizia, tanto che il possesso e il controllo dei mezzi d’informazione è in grado di manipolare la verità dei fatti e di imporre interpretazioni e valutazioni finalizzate solo a rafforzare il potere politico. Il ruolo del giornalisti è fare da megafono alle decisioni del potere, pena l’esclusione dall’accesso alle fonti d’informazione. Se poi si aggiunge che giornalisti e pubblicisti sono diventati tantissimi di numero, per lo più sottopagati e ricattati nella loro sopravvivenza professionale, si capisce perché i poteri decisionali gongolano a selezionare quelli che fanno comodo.

E così accade che persino nelle conferenze-stampa invitano i giornalisti meglio irreggimentati, ossequiosi e genuflessi, disposti a pubblicare qualsiasi cosa possa compiacere il potere. La stampa, un tempo libera e coraggiosa, oggi è ridotta a fare da cassa di risonanza, riportando per intero e senza alcuna osservazione critica il comunicato-stampa. Un grande giornalista diceva che chi sceglie questo lavoro deve tenere sempre in mente due verbi soltanto: fare e sapere. E cioè saper fare e far sapere. Oggi purtroppo il giornalista è messo nelle condizioni di far sapere soltanto ciò che non crea imbarazzo e problemi di alcun genere al potere. Chi non si adegua viene emarginato e discriminato, senza dimenticare che in alcune aree del mondo i giornalisti liberi e dediti ad informare senza preconcetti e senza farsi intimorire dal potente di turno vengono imprigionati, condannati al carcere e persino alla pena capitale.

La libertà di stampa sta attraverso un periodo interminabile di agonia lenta e senza speranza. I decaloghi deontologici sono lettera morta ormai, spesso con la complicità degli stessi giornalisti costretti per sopravvivere a piegarsi e a rinunciare alla loro indipendenza e alla loro libertà di critica, per di più con compensi irrisori ed offensivi. Ordine e sindacato sembrano ridotti all’impotenza. Nemmeno un grande film come The Post di Steven Spielberg è passato dal 2017 senza ottenere gli effetti sperati. Eppure quel film conteneva una sequenza con l’affermazione di una lezione insostituibile e irrinunciabile, meglio di qualsiasi manuale: “La stampa è fatta per i governati, non per i governanti!” Ma da qui bisogna in ogni caso ripartire, se non si vuole archiviare per sempre il diritto alla libera informazione.

Di Enrico Esposito