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Morano Calabro :: Dato alle stampe I passeri di una sera, di Arnaldo Lo Tufo.

Pubblicati da Trisauro editore, “I passeri di una sera”, prima miscellanea di poesia, dediche e preghiere realizzata dal moranese Arnaldo Lo tufo.

MORANO CALABRO :: 16/10/2009 :: Si tratta di un volumetto accattivante nella grafica e ricco nei contenuti. Un’opera annunciata da tempo, che arriva alle stampe dopo anni di ricerca sperimentata e vissuta sulle note anguste di un’esistenza i cui chiaroscuri, ampliando gli orizzonti dell’anima si interpongono fra Cielo e terra, Trascendenza e immanenza, come alleati custodi dell’eterno ossimoro bene/male che tormenta e consola, umilia ed esalta, uccide e fa risorgere.

V’è dolore e speranza nei versi di Lo Tufo. La speme che nasce dalla fede in un Dio che opera prodigi e dalla consapevolezza che “Colui che ti ha creato senza di te non può salvarti senza di te”. Con sorprendente semplicità, scevro da leziosi tecnicismi o intrecci ermetici, oltre le norme soffocanti della metrica, le gabbie del lessico, l’enchiridio, la cui prefazione è firmata da Pasquale Lombardi e don Giuseppe Lombardi, propone ben sessantacinque componimenti, dei quali alcuni in dialetto moranese, di grande impatto emotivo, capaci di suscitare nel lettore l’interesse e la curiosità che sovrintendono al desiderio, meglio al bisogno, insito in ogni essere, di scrutare cioè l’animo umano, del poeta, per attingere quell’acqua inesauribile che sgorga dai versi e lenisce la fatica, il peso dei giorni che inquieti alternano fugaci albe a cupi tramonti, caduche felicità a perenni affanni…  

Poesie, dicevamo, ma soprattutto elegie offerte con modestia, in punta di piedi, quasi a temere di infastidire. Ma a quanti accingendosi alla lettura sapranno apprezzare la purezza di sentimenti che innervano l’opera di Lo Tufo, non riuscirà difficile notare tra le righe la spontaneità con cui l’autore trasferisce pensieri, immagini sulla carta. Si potrebbe leggere d’un fiato “Passeri di una sera”, ma per carpirne il messaggio meglio indugiarvi, senza pregiudizi, assaporandone talvolta la cruda durezza, tal altre il calore. Fosse un pittore racconteremmo di lui della fluidità del pennello e della capacità di abbinare cromie e forme; un poeta non lo puoi racchiudere nei limiti dello spazio e del  tempo, né gli aggettivi possono penetrarne in profondità lo spirito. E allora che dire di loro? Che sono nobili cantori del cuore, sensibili, raffinati e con una grande dignità… la dignità di uomini sempre liberi, che amano e si misurano con le gioie e le sofferenze della quotidianità, con la complessità delle problematiche esistenziali che caratterizzano l’incedere precario delle creature. Lo avranno già scritto e detto altri, si obietterà… Forse… ma tant’è, e volentieri ci associamo.

Pino Rimolo