Roma :: Tutti De Sica all’Ara Pacis.

ROMA :: 24/03/2013 :: “Tutti De Sica” ti cattura. Cattura e affascina nel prosieguo del percorso, la vista del cappotto “pied de poul grigio” indossato da Vittorio De Sica che, trovandosi all’ingresso della mostra ad accoglierti come un perfetto padrone di casa, sembra ancora avvolgere la sua bella figura. Un viaggio senza fine dal quale non vorresti mai allontanarti tanto è affascinante, e che conduce nella storia della sua vita e della sua arte: arte e vita intrecciati e in perfetta osmosi fra loro, con un fondamento ben preciso, l’amore verso la vita e la voglia di viverla appieno con tutte le sue sfaccettature.

Questa è la sensazione che avvolge ogni visitatore che giunge. C’è anche la bicicletta in bella mostra, quella di “Ladri di biciclette” il film con cui De Sica vinse il primo Oscar della sua carriera, e che tutto il mondo apprezzò per il suo realismo sconvolgente e spietato, ancora attuale, come “Umberto D.” o “Miracolo a Milano” dei quali si possono seguire comodamente seduti, le sequenze più significative.

Vittorio De Sica ce lo ricordiamo tutti – quelli di una certa generazione – forse più nella regia e interpretazione del genere commedia, i films girati con Sofia Loren e Gina Lollobrigida, come “Pane, amore e fantasia”, “Divorzio all’italiana”e tanti altri, che vengono presentati  in sequenze successive attraverso il percorso della mostra.

Capolavori certo, ma che non rappresentano la sua completezza artistica. L’arte di De Sica, forse non tutti lo sanno, mosse i primi passi grazie alla passione per il canto, già perché i primi successi di Vittorio De Sica sono stati da cantante, con il varietà Za Bum con  Mario Mattioli e canzoni come “Parlami d’amore Mariù”. Spesso nel periodo della sua maturità gli veniva richiesto di cantarle, come ha ricordato il grande autore e critico cinematografico Tullio Kezich.

Con i suoi oltre 30 film realizzati come regista e le sue oltre 140 interpretazioni in altrettante pellicole (i film più famosi nei quali ha recitato da attore: Processo di Frine di Blasetti, Cuore di Duilio Coletti o il Generale della Rovere di Rossellini su un soggetto di Indro Montanelli), egli ha saputo creare una memorabile galleria di “caratteri” che è entrata di prepotenza nel nostro immaginario e nel nostro patrimonio culturale, e così facendo si è imposto immediatamente come uno dei padri del Neorealismo, movimento eterogeneo nato in Italia nell’immediato secondo dopoguerra noto per aver rivoluzionato le tecniche e il linguaggio narrativo che allora andavano per la maggiore nel genere comico-sentimentale che è passato alla storia con il nome di “telefoni bianchi”. “Segnali nel buio” li ha chiamati il regista Carlo Lizzani.

La mostra, attualmente in corso presso il Museo dell’Ara Pacis è stata voluta dalla Sovrintendenza capitolina di Roma Capitale con il sostegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e prodotta dalla Fondazione Cineteca di Bologna. Essa non sarebbe stata possibile senza il generoso contributo dei tre figli Emi, Manuel e Christian, che hanno svelato l’archivio personale di Giuditta Rissone, prima moglie di De Sica, e della figlia Emi, e senza la disponibilità di molti archivi pubblici e privati italiani che hanno fornito molto del materiale in esposizione: oltre 600 fotografie, più di 300 lettere, documenti personali e manifesti, di cui più di venti originali e inoltre costumi, oggetti di culto, registrazioni sonore e cinematografiche.

Dunque una mostra multimediale che, snodandosi in un itinerario di quattro sale e dodici sezioni, presenta il grande merito di offrire allo spettatore un ritratto a tutto tondo del De Sica uomo di spettacolo, attore di rivista, cantante, attore di prosa, attore cinematografico, regista e uomo privato. La mostra si chiuderà il 28 aprile.

Adriana Sabato