Dal Pollino allo Stretto: la Calabria protagonista nella guida Slow Wine 2026.
A Milano il 18 ottobre la presentazione nazionale della guida che recensisce 2016 cantine italiane che si distinguono per scelte virtuose e attente alla sostenibilità. Trentasei le aziende calabresi in guida, 3 novità. Due chiocciole e 9 vini Slow, riconoscimenti assegnati dalla redazione coordinata da Alessandra Molinaro.
CATANZARO :: 03/10/2025 :: C’è fermento in attesa della presentazione nazionale della guida ai vini buoni, puliti e giusti – SLOW WINE 206 – in programma a Milano il prossimo 18 ottobre. Nella pubblicazione di Slow Food Editore sono recensite 2016 cantine considerate non solo perchè producono vini buoni, ma anche frutto di scelte virtuose e attente alla sostenibilità. Tra le pagine dell’edizione che recensisce 7972 vini anche 36 cantine calabresi, tra le quali tre sono novità, 2 premiate con la chiocciola (‘A Vita e Sergio Arcuri). E poi ancora “Le bottiglie” il riconoscimento assegnato ai vini che dimostrano qualità eccellente sotto il profilo organolettico e rappresentano valori di territorio, storia e ambiente per Casa Comerci e ben 9 vini Slow (cantine Nasciri, Fezzigna, Cote di Franze, Sergio Arcuri, Casa Comerci, Aspromonte, ‘A Vita, Origine & Identità, Giuseppe Calabrese) che restituiscono una fotografia produttiva che dal Pollino allo Stretto racconta storie di vigna, cultura e comunità che trasformano il vino da «patrimonio di singoli» a «gesto collettivo» come scrive la coordinatrice regionale di Slow Wine Calabria, Alessandra Molinaro.
«Senza il fattore umano, il vino non sarebbe altro che un prodotto agricolo, una merce. È l’uomo che lo rende linguaggio, cultura, comunità». In un mondo che è stato interessato dalle tendenza dealcolate, le problematiche dei dazi, il calo dei consumi, e tanto altro ancora, il «rumore di fondo – aggiunge nella sua introduzione la Molinaro – rischia di soffocare la sostanza. Eppure, il vino non nasce per essere discusso, ma bevuto. Prima che argomento, è esperienza. Prima che contenuto, è relazione. E se vogliamo che sia anche cultura, dobbiamo prendere atto che la cultura smette di essere tale quando le chiediamo di farsi performance, quando la pieghiamo ai numeri. Cultura dovrebbe essere un atto di coscienza, non una gara. Ecco perché l’approccio che guida queste pagine vuole essere umano, etico, relazionale. Qualcuno potrebbe definirlo romantico, in realtà si fonda su basi solide: le neuroscienze. Ci hanno mostrato che il gusto non è un dato oggettivo, ma una costruzione soggettiva. Cambia con le emozioni, con il contesto, con le aspettative, con la memoria. Non esiste un gusto assoluto: esiste la percezione del gusto. E se il gusto è percezione, e la percezione è relazione, allora il vino non può ridursi solo a una carta geografica. È una terra che ha fatto il giro lungo: da una zolla a un pensiero, da un filare a una scelta, da una pianta a una visione. È una geografia attraversata da coscienza».
La guida Slow Wine, che dopo l’anteprima nazionale avrà una sua presentazione in Calabria con i protagonisti regionali, vuole diventare uno «strumento di riflessione, di maturazione culturale, di partecipazione collettiva. Che non legge il vino come prodotto, ma come processo umano, agricolo e percettivo». «Perché il vino – conclude la coordinatrice regionale di Slow Wine – in fondo, è questo: un atto di relazione tra chi coltiva la terra e chi ne ascolta il frutto. È una forma di linguaggio che unisce generazioni, geografie, visioni. È un modo di stare insieme. Ecco il senso: il vino non appartiene a chi lo possiede, ma a chi lo condivide. Non è patrimonio di singoli, ma gesto collettivo. La sua forza, come quella di ogni comunità viva, non sta nei numeri, né nelle performance, ma nello spazio che apre tra le persone. Solo in questa presa di coscienza il vino può farsi futuro».