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Catanzaro :: Maiolo: chiudere con la gestione commissariale dei rifiuti.

CATANZARO :: 18/11/2011 :: Diventa sinceramente difficile comprendere i motivi del prorogarsi del commissariamento sull’emergenza rifiuti in Calabria dopo 14 anni di commissariamento, 12 diversi commissari, un costo della sola struttura commissariale di 15 milioni di euro, condanne in tre lodi arbitrali subite dall’ufficio del commissario per oltre 100 milioni di euro per opere mai realizzate, la gestione di somme per oltre il miliardo di euro.

Di contro ne abbiamo ottenuto che tutto il sistema delle discariche è affidato ai privati; risultati insignificanti sul piano della raccolta differenziata; gravissimi problemi di illegalità e infiltrazione della ‘ndrangheta; il pressoché totale fallimento di tutte le società miste costituite dal commissario con una spesa di oltre 40 milioni di euro; affidamento di appalti in spregio alle regole della contrattualista pubblica; una inondazione di ordinanza commissariali che fino al 2006 avevano superato la cifra di oltre 4.800.

Ciò che doveva essere una esperienza transitoria ed eccezionale, capace di produrre scelte rapide e definitive, si è radicata come una complessa e duratura gestione “extra ordinem” che ha introdotto conflitti istituzionali devastanti e incomprensibili, nella totale assenza di pubblicità, correttezza e trasparenza.

O forse i motivi ci sono così come scritto, nero su bianco, in una delle migliaia di pagine prodotte dalla Corte dei Conti, dalla Commissione Parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, dagli organi di polizia giudiziaria: “C’è più di un motivo per ritenere, come anche la cronaca giudiziaria di questi anni e giorni dimostra chiaramente,  che gli interessi politico-malavitosi non siano stati estranei a scelte che garantivano, evidentemente, la massimizzazione dei profitti..”.

Ma ciò che mi preme sottolineare è come questa vicenda abbia contribuito a sbrindellare ulteriormente il già fragile sistema istituzionale regionale e il debole rapporto dei cittadini con le istituzioni ed in particolare con i Comuni, troppo spesso additati, a torto, come i responsabili della situazione. Estromettere i Comuni, e quindi le comunità che esprimono l’Amministrazione di livello locale, dalla gestione della vita delle comunità, è una anomalia istituzionale, che introduce alterazioni alle normali competenze di enti e organi pubblici, neutralizza la forza del controllo giuridico, contribuisce a radicare il convincimento che interventi straordinari sanino le inefficienze e cancellino le responsabilità.

Non è solo una deroga che si pone in contrasto con lo spirito della riforma del titolo V della Costituzione, che ha delineato un modello amministrativo basato sugli enti locali. Dentro c’è la deresponsabilizzazione del territorio, l’assenza di forme di confronto democratico con le realtà locali, l’assenza di qualsiasi cooperazione istituzionale. E’ questo il prezzo più salato che paghiamo e che una regione come la nostra, in cui il deficit di fiducia istituzionale è elevato, non può permettersi.

Negli ultimi dieci anni gli accertamenti comunali sui rifiuti sono passati da 92 a 199 milioni di euro; la riscossione da 72 a 157 milioni di euro. Ciò significa che la spesa dei cittadini per un servizio spesso inefficiente è più che raddoppiata. A quasi venti anni dalla legge sulla elezione diretta dei sindaci dei presidenti delle province e poi anche delle regioni, va ricordato che quella non fu una scelta dettata dalla volontà di eleggere “un uomo solo al comando”, ma rappresentò soprattutto la necessità di offrire chiarezza e visibilità ai cittadini rispetto alla allocazione delle responsabilità.

Maggiore potere e visibilità a chi governa ma anche fine dello scaricabarile che aveva rappresentato, fino ad allora, la storia delle istituzioni. La fine del commissariamento significa tornare a quello spirito.