SOVERIA MANNELLI :: 05/06/2025 :: Aree interne non più intese come luoghi di abbandono e deurbanizzazione, né tanto meno come mete turistiche per gli amanti delle rovine, ma come luoghi vivi, di produzione e lavoro. È questo il leitmotiv del Festival delle Aree Interne che, giunto alla terza edizione si terrà a Soveria Mannelli, in Calabria, presso le Industrie Rubbettino dall’11 al 13 giugno.
Il Festival è promosso da RESpro, la rete di storici per i paesaggi della produzione, da Fondazione Appennino e da Rubbettino.
In una densa tre giorni di incontri e dibattiti, oltre 40 studiosi provenienti da ogni parte d’Italia (e non solo) discuteranno di impresa e memoria, di quanto i territori che hanno dato origine al modello italiano oggi si siano riscoperti fragili e necessari di tutela e custodia. Non solo analisi, ma anche progetti e proposte per il futuro che mettano insieme produzione e cultura, industria e design, produzioni identitarie e nuove economie.
Il panel dei relatori è variegato e composto da giovani ricercatori, professionisti e affermati studiosi, in uno scambio continuo di idee, visioni ed esperienze.
In particolare, si segnala la partecipazione di
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Pierluigi Sacco, economista, specializzato in economia della cultura, sviluppo territoriale, industria creativa e politiche culturali;
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Veronica Macchiavelli, regista del documentario “L’ultima neve” che verrà proiettato nel corso del festival presso lo storico Lanificio Leo;
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Cristina Garzillo (ICLEI Europe), esperta internazionale di sostenibilità urbana e territori in transizione;
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Lucia Nardi, vicepresidente di Museimpresa e responsabile cultura d’impresa per Eni;
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Ludovico Solima, economista della cultura e studioso dei modelli di gestione e sostenibilità del patrimonio culturale, con particolare attenzione alle aree marginali;
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Paolo Scaramuccia, responsabile nazionale delle cooperative di comunità e delle aree interne di Legacoop;
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Vito Teti, antropologo e voce autorevole sulla questione meridionale;
Numerosi gli eventi e i talk in programma che comprendono non solo la condivisione di percorsi di studio e di ricerca ma anche di esperienze, come l’evento di networking “Radici rotte”, previsto per la serata del 12 giugno, un momento dedicato all’incontro e al dialogo tra attori del territorio: imprenditori, associazioni, professionisti e cittadini si confronteranno per condividere esperienze, creare connessioni e costruire nuove sinergie. Un’occasione per intrecciare storie, idee e prospettive sul futuro delle aree interne.
La discussione sulle aree interne e il loro futuro è più che mai necessaria in questo momento storico «Il tema delle aree interne – osserva Augusto Ciuffetti, docente di Storia economica presso l’Università Politecnica delle Marche, e membro del comitato scientifico del Festival – continua ad essere al centro del dibattito culturale e degli studi, mentre sta progressivamente scomparendo dall’agenda politica del nostro Paese. Né la SNAI, né il PNRR, nonostante i progetti e le risorse finanziarie messe a disposizione, hanno prodotto risultati degni di nota.
Nello stesso tempo è cambiato il contesto generale. Allo spopolamento delle aree interne corrisponde l’eccessiva urbanizzazione e la cementificazione degli spazi costieri, con una densità abitativa delle città in costante crescita, mentre il declino demografico è ormai un fenomeno che riguarda l’Italia intera. Tale situazione sta permettendo a grandi multinazionali di mettere in atto nuovi atteggiamenti predatori nei confronti della dorsale appenninica. Sembra che il futuro, per quest’ultima, non possa che corrispondere alla realizzazione di enormi parchi eolici, in nome di una distorta visione della transizione energetica, la quale assicura enormi guadagni solo alle società di progettazione, oppure a nuove ipotesi di sviluppo turistico di massa legate alla costruzione di impianti di risalita, che ignorano completamente le conseguenze del mutamento climatico.
Al turismo, considerato come una sorta di illusoria panacea, spesso responsabile, invece, della totale devastazione di territori e spazi urbani, oppure legato esclusivamente a prospettive del tutto inconsistenti o imposte dalle mode del momento, come il cosiddetto turismo delle origini, si dovrebbe sostituire la vera riscoperta dei mestieri e dei patrimoni materiali e immateriali delle comunità locali, in particolare di quelli culturali».
«Questa terza edizione del Festival del Lavoro nelle Aree Interne – ha dichiarato l’Editore Florindo Rubbettino – vuole dare un contributo a un futuro in cui la cultura sia riconosciuta come leva strategica per lo sviluppo locale. La cultura nei territori fragili rappresenta infatti un driver potente e sottovalutato per la rigenerazione e lo sviluppo locale. Spesso, in queste aree, si trovano patrimoni materiali e immateriali soggetti ad abbandono, ma con un grande potenziale. L’approccio interdisciplinare alla conservazione e al miglioramento del costruito storico, così come la rigenerazione del paesaggio culturale raccontato attraverso esperienze concrete, i casi di musei, archivi e biblioteche come patrimonio culturale di prossimità sono alcune delle traiettorie per ragionare su forme di lavoro e sviluppo sostenibile anche in contesti di fragilità».
«L’obiettivo del Festival – per Gianni Lacorazza – cofondatore e vicepresidente di Fondazione Appennino – è quello di rafforzare una identità pragmatica e concreta, ponendo attenzione alle reali esperienze, con i rischi e le opportunità che le caratterizzano. La sfida è quella di un percorso nuovo, lontano da letture ancora affidate a vecchi luoghi comuni o a sempre meno efficaci approcci di analisi datati e autoreferenziali. Servono soluzioni e non più solo consigli, protagonismo reale delle comunità e dei mercati, sguardi dall’interno e non all’interno.
Il festival diventa così un luogo per interrogarsi su numeri e fatti, per capire se ancora ci sono più persone che parlano di aree interne rispetto a quelle che ci vivono o, peggio ancora, che se ne occupano concretamente. Con la consapevolezza che sono proprio queste ultime a poter dare un contributo fondamentale».
«Il Festival – sostiene Roberto Parisi, presidente di RESpro e docente di storia dell’architettura e del paesaggio presso l’Università del Molise – è una importante conferma della validità e della qualità di un approccio metodologico alla questione delle aree interne fondato sulla centralità della storia. Un approccio, concepito e sostenuto sul piano scientifico dalla nostra Associazione fin dai suoi esordi, che in questa occasione si misura sul tema della difesa e della salvaguardia di archivi, biblioteche e musei ancora presenti in molti territori dell’Italia interna. Si tratta di patrimoni culturali molto fragili, la cui sopravvivenza raramente rientra tra gli obiettivi perseguiti dalle cosiddette imprese culturali. Un piccolo grande deposito di storie e di memorie del lavoro che a stento resiste ai processi rigenerativi in atto e che invece dovrebbe essere considerato un imprescindibile presidio territoriale per le stesse comunità locali».