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Belvedere Marittimo :: Il professor Tullio Barni, ospite dei Licei.

BELVEDERE MARITTIMO :: 03/03/2010 :: I Licei di Belvedere Marittimo hanno ospitato nella mattinata del 02 marzo 2010 il professor Tullio Barni, docente di anatomia umana presso l’Università “Magna Graecia” di Catanzaro che ha tenuto una conferenza su uno dei temi più scottanti e “spinosi” dell’ultimo decennio: la bioetica. Organizzata dai dipartimenti di scienza e filosofia la conferenza si è aperta con un breve intervento della Dirigente scolastica Maria Rita Marasco che ha preceduto il professor Barni che nonstante la “tecnicità di addetto ai lavori” del suo intervento ha saputo rubare l’attenzione degli studenti.

Alcune delle classi dell’Istituto (la 3G, 4G, 5G e 5M per l’indirizzo classico e la 4B per l’indirizzo scientifico) hanno infatti aderito al progetto “Cittadinanza scientifica” che venerdì 26 marzo si concluderà vedendo proprio il professor Barni, confrontarsi con ragazzi provenienti da molte scuole calabresi su questo tema difficile e delicato che tanto fa discutere. Quando e dove l’uomo deve fermarsi e quando invece deve lasciare che la scienza avanzi? E’ questa la domanda che in molti pensando alla bioetica si sono posti; solito dibattito tra Scienza e Fede si potrebbe pensare, il bipolarismo eterno che mai troverà una conclusione, ma in realtà è qualcosa in questo caso di molto più complesso e articolato. Quando si discute di aborto e soprattutto di eutanasia (questi gli argomenti più trattati da noi studenti nei lavori) è –come ci ha detto anche il professor Barni- “il dolore a fare da primadonna”, ed è difficile in quei casi stabilire se la scienza, la legge o la Chiesa possano davvero dire ciò che è giusto o sbagliato per l’individuo che si trova ad affrontare un’esperienza insolita e lacerante. Il termine “farmakòs” in greco indica il veleno, il termine “farmakòn” l’antidoto a quel veleno; stessa radice ma significato opposto. Non siamo riusciti a decidere quando la terapia possa essere definita “farmakòn” e quando invece si possa dire che quel tubo attaccato al respiratore di un macchinario avveleni l’esistenza di un uomo che ormai ha smesso da tempo di vivere davvero. Piergiorgio Welby in una lettera indirizzata al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano scriveva “Vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un amico. Vita è anche la donna che ti lascia, una giornata di pioggia, l’amico che ti delude. […] purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita, è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche.” Non sappiamo se le parole di Welby siano giuste o sbagliate, non sappiamo se mai –vista l’importanza e la delicatezza di un tema come la bioetica- riusciremo a dire ciò che è legittimo e ciò che non lo è, ciò che si deve o non deve fare; sappiamo però che il progresso non può fermarsi, che la scienza deve andare avanti; Dante –per bocca di Ulisse- ci disse che fatti non fummo a viver come bruti “ma per seguir virtute a canoscenza”. Forse dovremmo imparare a far questo, seguire la conoscenza senza però mai perdere la virtù, navigare liberi verso i mari delle scoperte ma mantenendo comunque un occhio vigile sull’orizzonte per non rischiare, come fece Ul
isse, di sprofondare negli abissi.

Maria Francesca Amodeo