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“Illusioni perdute” di Enrico Esposito

di Enrico Esposito

Tante certezze sono crollate, innumerevoli illusioni si vanno perdendo. Questa pandemia anzi sta facendo strage delle nostre illusioni, per usare termini leopardiani. La più cocente e la più tragica è quella dell’idea che la scienza e la tecnica avrebbero creato un mondo di perfetto bel vivere. Dobbiamo purtroppo prendere atto che così non è. Le magnifiche sorti e progressive stanno rivelando tutta la loro debolezza e la loro fallacia. E non per colpa della scienza e della tecnica, di cui il mondo ha da sempre bisogno e sempre più ne avrà, ma per diretta responsabilità dell’uso che sì è fatto nella vita di ogni giorno delle scoperte scientifiche e delle successive applicazioni tecniche. Avere accordato predominanza alle logiche di mercato e di consumo ha significato asservire scienza e tecnica a interessi che sono estranei all’una e all’altra. Quando nel 1918 Oswald Spengler parlava di tramonto dell’Occidente, dopo la prima grande guerra civile europea (definita, a torto, mondiale), Max Weber rifletteva sulla scienza come professione, temendo che avvenisse anche nel Vecchio Continente “la riduzione della vita della mente a una burocrazia manageriale”, come ha chiarito in anni più vicini George Steiner. Ecco, la scienza usata e abusata per fini che non le sono propri. “La democrazia sta bene” diceva sempre Weber “ma al suo posto. L’insegnamento scientifico è invece una faccenda di aristocrazia dello spirito.” In poche parole, la scienza, come ricerca e come insegnamento, richiede disinteresse. Non che sia astratta, anzi, perché nasce dalla curiositas, dove nel termine latino risalta il termine cura. E la scienza cura (care in inglese) l’unico tema cui non rinuncia mai, quello dell’elevazione della condizione umana.

E’ l’uomo al centro della ricerca scientifica e la tecnica, anche l’homo ecomomicus, ma non cero consumatore di beni e prodotti innecessari e superflui. La prevalenza però nelle politiche dei diversi paesi europei, ancor prima dell’UE, è stata accordata a modelli di crescita e di sviluppo che non si possono non definire antiumanistici. La stessa tecnologia è stata ridotta a ferraglia, mentre è nata con Leonardo, tra i più grandi benefattori dell’umanità. I saperi hanno preso il posto della cultura fino ridursi a fredde competenze ed Henry Ford poteva indisturbato dire che “la storia è una sciocchezza” e che solo il presente conta. Sparisce persino l’idea del futuro, vale soltanto quanto possiamo consumare oggi.

E la ricerca scientifica è stata destinata a questo, alla produzione e al consumo quotidiano. I grandi problemi, quelli della salute in primo piano, in tanto vengono contemplati in quanto consentono di realizzare profitto a vantaggio di grandi gruppi chimico-industriali. Un insano ottimismo ci ha accecati tutti. E non sospettavamo nemmeno lontanamente che basta un soffio di aria malsana per mettere al tappeto tanti e tanti esseri umani. Oggi abbiamo bisogno di ricercatori, oggi che un virus ci sta decimando. Prima no, potevano pure emigrare. Investire invece su ciò che non sembrava attuale e di immediata utilità era considerato follia. Senza neppure un Erasmo che tessesse l’elogio.