Pizzo :: La Callipo Tonno a rischio chiusura.

PIZZO :: 25/01/2014 :: “Proprio così! Dopo cento anni di attività, di storia che ha dato lustro a questa regione e dignità sociale a centinaia di lavoratori, permettendogli di potersi creare un futuro nella terra in cui sono nati e dove c’è un dissesto economico spaventoso, siamo costretti a fermarci per colpa di chi non sa fare il proprio lavoro con responsabilità.

Questi i fatti. Da circa 40 anni riceviamo tonno congelato alla rinfusa con nave frigo a Taranto, per quantitativi minimi di almeno 600 / 1000 tonnellate a partita, sottoposti a regolari controlli da parte degli Enti preposti per competenza. Da circa 40 anni una parte del tonno congelato, scaricato dalla nave, arriva direttamente  nel nostro stabilimento di Maierato; gran parte del quantitativo viene depositato nei magazzini  frigorifero a Bari. Così è stato anche per la partita di tonno congelato scaricata a Taranto l’11-11-2013.

Il 4 dicembre presso il deposito frigorifero di Bari si presentano i militari del Nucleo Operativo della Capitaneria di porto di Bari, ispezionano la merce, visionano tutti i documenti, facendone copia, e contestano la mancanza di etichetta su ogni singolo pesce! Rilevano, in sostanza, un problema di inosservanza all’art. 18 del Regolamento CE 178/02 relativo alla rintracciabilità dei prodotti e sottopongono a sequestro amministrativo tutto il quantitativo residuo in deposito e contestualmente chiedono, alla Capitaneria di Porto di Vibo Valentia Marina, di verificare i quantitativi di tonno già giunti in stabilimento il 4-12-13, stesso giorno della verifica a Bari.

Tale verifica viene prontamente effettuata da tre sottoufficiali della Capitaneria di Porto di Vibo Marina, i quali, contrariamente ai colleghi di Bari, riscontrano tutto in regola e rispondente alle disposizioni legislative vigenti, motivo per cui non emettono alcun provvedimento. A questo punto abbiamo fatto una istanza di opposizione all’organo competente, Servizio Contenzioso Amministrativo della Regione Puglia a Bari, spiegando che l’art. 18 del Regolamento CE 178/02 non prevede l’etichettatura di pesci di grossa taglia, privi di involucro, caricati alla rinfusa direttamente dalla zona di cattura e destinati alla trasformazione industriale. Etichettatura che nel caso di specie è data dalla tracciabilità documentale, che si evidenzia dai documenti acquisiti in copia.

Lo stesso giorno, con prontezza e velocità inconsueta, parte la risposta del predetto ufficio, con la seguente motivazione: “tenuto conto che le eccezioni proposte comportano l’esigenza di ulteriore attività istruttoria, si determina il rigetto del proposto atto di opposizione”. Il 24 dicembre proponiamo quindi il secondo atto di opposizione ribadendo la totale assenza delle violazioni di legge richiamate e anche che la merce, ingiustamente sequestrata, costituiva materia prima indispensabile per il proseguimento dell’attività produttiva in mancanza della quale avremmo dovuto fare ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria per circa 150 unità lavorative. Nonostante ciò, soltanto oggi 24-1-2014, a distanza di quasi due mesi dal sequestro, riceviamo il verbale delle compiute operazioni che dispone il dissequestro della merce.

Nel frattempo, non avendo materia prima da lavorare abbiamo dovuto sospendere la lavorazione e chiedere la Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria. A questo punto mi chiedo, e insieme a me tutti i dipendenti: possibile che l’attività di un’azienda debba essere messa a dura prova da funzionari di enti pubblici che operano con incompetenza? E’ possibile subire, da parte di chi è preposto al controllo della giusta applicazione delle leggi, tali “attentati”?

Non metto in dubbio la legittimità dei controlli, al contrario, come imprenditore e come cittadino auspico sempre maggiori controlli sulla merce che arriva nel nostro Paese dall’estero ma pretendo anche che a fare questi controlli siano persone competenti e dotate di grande senso di responsabilità. In tempi difficili come questi, la mancanza di produzione vuol dire rimanere fuori da quei circuiti commerciali che ci consentono di lavorare con continuità garantendo a circa 200 famiglie un reddito che in un territorio come la Calabria non è affatto scontato.

I Signori Funzionari che hanno effettuato i controlli e disposto il sequestro non hanno pensato al danno economico diretto e potenziale, di immagine e morale procurato dalla loro incompetenza ad un’azienda centenaria come la Callipo Tonno che ha sempre contrastato apertamente il malaffare e che si è sempre adoperata per la crescita economica e sociale del territorio in cui insiste e opera. Lo sconforto, la profonda amarezza, l’ingiustizia subita rischiano di far crollare definitivamente la volontà di continuare a fare impresa in Italia e in Calabria in particolare”.