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Reggio Calabria :: Lettera da parte di Laura.

Riceviamo e pubblichiamo:

REGGIO CALABRIA :: 03/10/2011 :: Qualche sera fa Laura è tornata a casa un po’ più tardi, era da poco passata la mezzanotte. Ha un esame tra una settimana e ha preferito fermarsi a casa dell’amica con cui studia per ripassare il più possibile. Immaginava che sotto casa sua ci fosse la solita confusione della movida cittadina e passarci in mezzo non la allettava; e però, pazienza, che sarà mai?

Lo immaginava, dicevamo, ma quello che è successo dopo…
Già da una certa distanza, visto l’assembramento davanti al suo portone, aveva capito che avrebbe dovuto ripetutamente chiedere permesso per entrare… a casa sua; vabbè, non era la prima volta, non sarebbe stata l’ultima.

E così, nonostante la stanchezza, la puzza di alcool che l’assale appena si avvicina al gruppo, gli schiamazzi e lo slalom per schivare bottiglie di birra, bicchieri mezzi pieni, coppiette di vario genere (“ma non sarà invidiosa?”), Laura si veste del suo sorriso più bello e chiede permesso.
Sguardi, sorrisi ammiccanti, sbuffi, un diradarsi per finta costringendola a passare tra il gruppo inevitabilmente strusciandosi a destra e sinistra, aliti alcoolici volutamente sfiatati sul suo collo, per poi arrivare al portone di casa… quasi.

L’ultimo ostacolo è lì: il solito scooter “abitato”, questa volta trasformato in tavolo da gioco, proprio attaccato al portone di casa.
“Che cazzo vuole questa ora?”
“Oh che palle, ma dobbiamo spostarci?”
“Non ci penso neanche, gioca e futtatindi”
……….. Permesso?, passo e non vi disturbo più… per favore.
Solo per caso la palla di fango che gli passa a un centimetro dall’orecchio non la colpisce in pieno.

Si stampa sul portone di casa lasciando una riga marrone che sembra… altro.
E’ indirizzata ai biscazzieri sul motorino, ma solo per finta, è lei al centro di questo gioco, adesso, e le risate sguaiate sono lì a dimostrarlo.
Le fioriere poste per strada ad ornamento sono ormai sbreccate e senza fiori, la poca terra rimasta è usata come proiettile per i giochi dei nottambuli.
Laura ingoia un po’ di saliva, diventa ancora più piccola di quanto sia in realtà, si incunea fra lo scooter e l’ingresso convincendosi che le mani che sente addosso la “accarezzino” per caso, visto lo spazio stretto; il suo sguardo incrocia per un attimo quello di una ragazza, anche lei del “branco”, vi cerca per un istante quella che una volta si chiamava “solidarietà femminile”, trova soltanto sarcasmo, un’ostilità incomprensibile.
Riesce a infilare la chiave nella serratura, apre e si chiude il portone alle spalle, pregustando per un attimo l’ovattarsi dei suoni e degli schiamazzi.
Almeno una dozzina di occhi sono su di lei, attraverso il vetro del portone li intuisce, no: li sente; spunta qualche linguaccia sconcia, qualche mano si strofina il basso ventre, qualche dito medio – femminile  – si solleva al suo indirizzo.
Ma perché? Perché abito qui? Perché non sono una di loro? Ho anche qualche anno in più…
Si accorge che i suoi piedi pestano qualcosa di appiccicaticcio: è pipì, filtrata dal portone; poco più in là un paio di canne, fumate poco più di metà (“una volta non si lasciava niente!?!”).
Volta le spalle e si avvia per le scale … per stasera è fini…
Non conclude il pensiero che un colpo fortissimo fa tremare i muri.
Col cuore in gola Laura si volta e vede: il portone di casa scardinato dalla cornice, un fuggi fuggi generale, parolacce, bestemmie, solo lo scooter resta a presidiare il territorio.
Che fare? Domani una nuova spesa per aggiustare il portone, è la terza volta in sei mesi.
“Perché non li denunciate?”
Già, perché?
Perché qualcuno lo ha fatto, ma non è successo niente; nessuno – polizia o carabinieri che siano – si sono visti.
Ma dove siete, nel Bronx? Nelle banlieue francesi?
No, al centro di Reggio Calabria, la città modello, la città sicura, piena di telecamere, la città… da bere.
Laura entra in casa, è quasi l’una di notte ormai, i vetri della sua stanza vibrano a tempo, sul lungomare si consuma un’altra notte di follie, la musica dei lidi si mescola a quella proveniente dai bassi compulsivi degli stereo delle auto.
Andrà avanti così fino le 3 del mattino, forse anche le 4, 4 e mezza.
Una volta è durato tutto fino le 6 del mattino.
Sarà il sabato, o il venerdì, oppure al massimo domenica.
Niente affatto, nel bel mezzo della settimana: saremo in estate, ma qualcuno lavora.
Pazienza, domani con un paio di ore di sonno addosso Laura si rimetterà sui libri; ha appuntamento con la sua amica alle 8 e mezza.
Farà colazione al suono delle macchine che raccolgono per strada il tappeto di bottiglie di birra lasciato fino qualche ora prima.
Ce la farà a riprendere la sua giornata di studio, di lavoro, di vita normale, che le piace anche.
Ce la farà, come sempre, in attesa che passi…
Che passi la folle estate reggina.

Silvestro Sindigna